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Padula è Gerusalemme
Trittico del Maestro Vincenzo D’Acunzo
Chiesa SS. Annunziata, Padula (SA)
Dinanzi all’acrilico su tavola del Maestro Vincenzo D’Acunzo gli occhi sono attratti dalla forza della luce e dall’armonia dei colori, Lo spirito è rapito sa una lucentezza che accende ed invita alla meditazione.
Man mano che lo sguardo penetra nell’opera, riconosce il paesaggio con le sua reali prospettive e tonalità, in una qualità fotografica che fa dell’immagine lo specchio della realtà odierna. Si scorgono, rappresentate magistralmente, le bellezze plurisecolari della città di Padula, l’imponente Chiesa Madre di S. Michele Arcangelo e le Chiese e i campanili di S. Agostino e di S. Clemente che si individuano tra le case e i palazzi sul versante della collina di Padula.
Scendendo per i vicoli e per i sentieri si raggiungono S. Martino e S. Pietro Petroselli fino a S. Giovanni, casa tra le case. Lo sguardo si sposta sul Convento di S. Francesco e in fondo, maestosa, la Certosa di S. Lorenzo.
Nell’abbandonare la mente sul paesaggio, il pensiero riporta le vetuste stagioni di fede, esaltando la mente e lo spirito umano mentre, la lussureggiante campagna mostra la rinascita che la nuova stagione inaugura dalla coltre dell’inverno ormai passato.
Con gli occhi della fede si aprono orizzonti sconfinati, difficili da controllare con i pensieri e le parole,
Nel trittico del Maestro D’Acunzo sono rivelati i segni della presenza del Mistero che modifica e rinnova la storia.
L’animo sensibile dell’artista ci introduce in un orizzonte conosciuto e misterioso che rivela e nasconde la presenza significativa di Dio e riaccende nell’uomo il desiderio della luminosa Bellezza. È una ricerca spirituale che a tratti ha i sapori della gioia ferita e del salutare conforto. Dinanzi all’opera occorre Silenzio! Bisogna far parlare il cuore e porre la propria mente nel contrasto spazio.temporale che rappresenta. Nessuna parola, solo gli occhi, catturati dall’Amore, vedono il Mistero.
Dal Colle di San Sepolcro, poco distante dall’antica Cosilinum, promontorio della catena della Maddalena, si apre la visione della città di Padula e dell’area circostante. In una visione d’insieme, che fa da sfondo al Calvario, immaginato poco distante dalla Cappella di S. Sepolcro, lo sguardo è abbracciato dal verde e dall’oro della campagna, dalla sublime eleganza della Vergine e di Giovanni. Gli occhi cercano le proprie case e, nell’apertura del cielo azzurro, la sorgente di luce.
La Vergine Maria, donna della speranza, attrae per la sua dolente dolcezza e sollevandosi da terra spinge anche chi guarda ad alzare i talloni nel tentativo di accogliere e abbracciare il Figlio. Il suo volto apre alla pietà e il suo sorriso colmo di lacrime distrugge la crudezza della scena e apre al Mistero. Le mani della Vergine segnate dal lavoro materno, non sono reclinate sul petto, ma sono ancora tese a compiere l’operazione della Salvezza, nella piena comunione con il Figlio, Corredentrice del Genere umano.
Gli occhi della Vergine contemplano il silenzio di Dio ove risiede eternamente il suo cuore e risuona la Parola della grazia e dell’amore. Ancora una volta accoglie la volontà dell’Eterno per rinnovare il tempo. Riapre il suo grembo per accogliere i nuovi figli, rinati dall’acqua e dal sangue di Cristo, ed inviarli quali messaggeri della Speranza, araldi della resurrezione.
La Vergine indossa una veste di colore rosso, simbolo della sua umanità e un mantello azzurro, simbolo della graziosa maternità e regalità che Ella esercita sul mondo. Il cappuccio lascia scoperti i lunghi capelli, il volta anche se solcato dalla fatica e dal dolore appare raggiante della luce che proviene dal Cielo, dal Padre. L’eleganza semplice dell’abito presagisce le nozze che il Figlio ha consumato sul banchetto della croce, ove ha donati il Suo Corpo e il Suo Sangue. La Chiesa, guardando alla Vergine, contempla la donna della fede e della speranza, la donna forte nella prova e coraggiosa nel martirio. Il volto di Maria lascia nel cuore un senso di pace e di filiale abbandono.
Giovanni, inginocchiato, perde il suo sguardo tra l’incredulità sofferta per ciò che ha fatto il Figlio. Il tuono del Padre avrà scosso il suo animo di “figlio del tuono”, avrà rivisto la sua vita dall’unica prospettiva possibile e vera: quella della carità; avrà ancora una volta teso l’orecchio alla Parola che torna all’originario Silenzio per Incarnarsi di nuovo con lo Spirito nella Comunità apostolica.
Giovanni avrà lasciato i pensieri originari del dominio per accogliere con Maria l’unico comandamento del servizio e dell’annuncio.
La bocca semiaperta sembra iniziare a balbettare il Mistero che già riposa nel suo cuore di Apostolo ed Evangelista. Dovrà dire al Mondo la più bella notizia: Dio è Amore!
Le mani a penzoloni, disponibili perché vuote ma anche incapaci di sollevarsi, attendono, imitano le mani già sollevate della Madre.
Giovanni già indossa l’abito nuziale del figlio prediletto e sorregge sulla spalla sinistra la tunica del Maestro, quella senza cuciture che i soldati non hanno voluto stracciare “e che le eresie non hanno potuto dividere, cioè la carità di Dio nella Chiesa” (Agostino). La veste nasconde quasi per intero il piede destro e lascia scoperto il sinistro, già in tensione, per risollevare il corpo.
La grazia del Cristo e l’amore della Vergine aiuteranno il discepolo a risollevarsi, anche con la sua personale libertà, dalle fatiche dello scoraggiamento e della delusione. Il discepolo dovrà essere pronto a correre per dire ai fratelli: È il Signore!
Longino immobile attende ancora un poco…
Attende dal Nuovo Re, appeso alla croce, gli ordini della misericordia. Spettatore pagano dell’evento cristiano. Tutto legato, immobilizzato dalle norme e dal legacci del paganesimo. C’è qualcosa che comincia a muoversi: sono gli occhi. Scattano foto a ripetizione; dal grido di Gesù alla pietà della Madre, dalla confusione della folla alla devastante debolezza dei discepoli, alla giovane e preziosa presenza dell’unico discepolo.
Al centurione – quando è passato dinanzi a quel corpo e ha trafitto con la sua lancia il costato del Malfattore – è accaduto qualcosa, ha visto qualcosa, ha sentito qualcosa, ha respirato qualcosa. Sconvolto dall’acqua e dal sangue usciti da quella fonte inaspettata, è tornato al suo posto, agli ordini! Mentre la mano destra sorregge l’ultima offesa al corpo già morto del Cristo, la sinistra non ha nulla da stringere ed è insofferente, nervosa, innaturale. Nel cuore del centurione si muove qualcosa: c’è uno sconvolgimento che tocca l’intimo del suo essere, c’è un atto di conversione dalla religione alla fede, dal costume privato della propria casa alla professione di una fede universale, Davvero quest’uomo era il Figlio di Dio! Il pagano diventa modello del cristiano: indossa la corazza della fede, l’elmo della speranza, la spada della carità!
Il Crocefisso, opera della scuola di Ortisei, era già installato nella Chiesa della SS. Annunziata dal 1997. Acquistato negli anni ’50 è stato oggetto di devozione da parte dei Pellegrini che lo portavano professionalmente alla cappella di S. Sepolcro. Dietro il Cristo si apre la visione della città di Padula con i fiori. Accanto alla croce il cardo, fiore metafora della vita dell’artista, che emerge tra la paglia e l’erba che sembrano coinvolgere lo spettatore nella dimensione del quadro.
Il Cristo con il capo reclinato sul lato destro dopo aver pronunciato il testamento al discepolo e alla Madre, emette lo spirito. La Vergine Maria accoglie l’ultimo respiro.
Il Cielo è lo spazio infinito di Dio Padre. Egli apre orizzonti infiniti sui confini limitati della storia umana. L’immagine del Padre, Eterno Giovane con il Figlio e lo Spirito Santo, benedice con la sua Maestà e gloria il Sacrificio di Cristo e della Chiesa. Egli governa il mondo con la sua Provvidenza e mostra le note ferite dell’umana povertà, dei peccati che gridano ancora vendetta al cospetto di Dio, della missione che la Comunità deve ancora proseguire. L’Africa, continente sfruttato e abbandonato, oggi chiede ascolto, accoglienza, fiducia, speranza, in particolare per quei giovani che attraversando il mare raggiungono le nostre coste, L’Africa è anche rimando alla tradizione teologica e spirituale di Agostino d’Ippona che suggerisce l’interpretazione di Padula, quale Gerusalemme terrestre in cammino verso il Regno del Padre.
Padula è Gerusalemme: città che dialoga con la storia e la cultura, città feconda di fede, culla di tesori materiali e spirituali, genitrice e maestra di talenti offerti a Dio, dispensatrice di bellezza per chi La abita, La vive, La ama!
(Testo a cura di Don Giuseppe Radesca)
L’opera è stata donata alla parrocchia dalla Famiglia Campanelli ed è dedicata a Cristian, giovane deceduto in un incidente stradale.
Maestro Vincenzo D’Acunzo / Note bibliografiche
Nato a Padula (SA) nel 1950, vive e lavora a Tursi (MT) dove si è sposato più di 35 anni fa. Artista poliedrico ha cominciato la sua attività all’inizio degli anni ’70 e dopo alcuni anni ha allestito mostre personali e partecipato a manifestazioni artistiche che gli hanno permesso di avere riconoscimenti nazionali ed internazionali. Nel 1978 ha iniziato ad utilizzare per le sue opere materiali poveri e, dopo un lingo processo formativo incentrato sulla ricerca, nel ’92 è approdato all’arte del riciclaggio. L’istallazione, eseguita con materiali riciclati, segna una tappa importante dell’evoluzione artistica di D’Acunzo che dopo qualche anno comincia a dedicarsi anche al ritratto e all’arte sacra, A Natale del 1993 ha eseguito per la Chiesa del Sacro Cuore di Tursi l’istallazione “L’Evento”, che ha attirato l’attenzione dei meria regionali e della RAI. Nei primi mesi del nuovo millennio ha eseguito l’istallazione “Miramare”: due facciate di oltre 40 mq all’ingresso di un complesso turistico a Roseto Capo Spulico (CS). Nel 2008 c’è la svolta artistica, D’Acunzo realizza per la Cattedrale Maria SS. d’Angola di Tursi “Gli Evangelisti”, quattro ovali che poi saranno apprezzati al punto da essere utilizzati da Mons. Ottavio Belgio (di Udine) come copertina di 4 testi di riflessioni sugli Evangelisti. Due anni dopo è chiamato a realizzare un’opera per il soffitto della stessa cattedrale tursitana: “L’incoronazione della Beata Vergine”. E, sempre nel 2012, ha riscosso grande successo di pubblico e di critica con il tour d’arte Equilibrio sopra la follia, Più di sei mesi di esposizioni di opere a tavola in un tour che ha toccato ben 11 paesi della Basilicata, tra Matera e Potenza, e uno della Campania: Padula. Dal 2011 ha avviato diverse collaborazioni artistiche e culturali. Con scrittori, saggisti e storici per illustrazioni, copertine di libri e un inedito confronto tra letteratura e pittura. E con il periodico di informazione online ilmetapontino.it, con il quale ha ideato un concorso gratuito a premi che unisce arte e cultura. Nel 2012 esegue un’altra opera alla Cattedrale di Tursi, “Il battesimo di Gesù”. Nei primi mesi del 2013 ha concluso la straordinaria opera di tre pannelli in acrilico su tavola: “Padula è Gerusalemme: Crocifissione”. Per ulteriori informazioni visita il sito dell’artista.